L’IRAN E L’AGROALIMENTARE ITALIANO: NUOVE OPPORTUNITA’ PER L’EXPORT.

È solo una nicchia, ma potrebbe allargarsi nei prossimi anni e offrire soddisfazioni al commercio estero italiano. Almeno, queste sono le prospettive dell’agroalimentare italiano in Iran con il disgelo occidentale nei confronti della Repubblica islamica e alla prossima fine delle sanzioni economiche, come conseguenza dell’accordo sul nucleare.

Oggi le esportazioni italiane di agroalimentare verso Teheran valgono ancora pochino: una ventina di milioni di euro su un totale dell’export tricolore di 1,2 miliardi nel 2014. Poca cosa, in effetti, soprattutto in confronto alla meccanica strumentale che rappresenta il 57,9% dei flussi di prodotti italiani verso Teheran.

A incoraggiare però è il fatto che nel periodo pre-sanzioni l’export agroalimentare italiano è cresciuto del 144% a valore, seppur con un andamento altalenante nel corso dei singoli anni. Poi l’embargo e l’irrigidimento delle sanzioni hanno fatto crollare i flussi. Ma di qui ai prossimi anni, ci potrebbe essere un recupero deciso, con un raddoppio in valore dei prodotti agroalimentari diretti in Iran.

Alcune variabili che incidono direttamente sui consumi alimentari lasciano presagire per i prossimi anni una crescita delle vendite di beni alimentari d’importazione sul mercato iraniano. Si pensi all’enorme dimensione del mercato in termini di potenziali consumatori (78 milioni di abitanti), al crescente appeal che gli stili occidentali suscitano nei consumatori (soprattutto tra la middle class e le generazioni più giovani) e all’apertura di nuovi ipermercati  di stampo occidentale».

Tra i dati dell’analisi non mancano le curiosità: l’80% dell’export agroalimentare italiano in Iran è costituito da prodotti trasformati, e il 20% da prodotti agricoli. L’olio di oliva rappresenta la voce principale, con un peso del 15%. Seguono mangimi (13%), i semi di ortaggi (12%), altri tipi di oli vegetali (10%), dolci (6%), aceti (4%). Marginale è il ruolo della della pasta (poco più di 100mila euro), ma in cui l’Italia detiene una posizione di leadership.